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Transmongolica

Da Mosca a Beijing
il racconto fotografico del mio viaggio per Latitudeslife, in collaborazione con Gopro

Racconto del viaggio

La più lunga linea ferroviaria al mondo, si estende per più di 9.000 km e va da Mosca a Pechino, attraversa 2 continenti, 3 grandi nazioni, 5 fusi orari, numerose città, sterminate steppe, un immenso lago e uno sconfinato deserto.
Ecco cosa vuol dire decidere di percorrere la famosa Transmongolica.
Un’esperienza unica, un viaggio che mi ha riportata indietro nel tempo, permettendomi di conoscere e scoprire culture e usanze molto diverse tra loro. Affrontare questo percorso vuol dire lasciarsi sedurre da incredibili paesaggi: dal ghiacciato lago Baikal, allo sconfinato deserto del Gobi e infine dalla suggestiva muraglia cinese.
Il mio viaggio ha avuto inizio a Mosca, una delle città più belle del mondo, simbolo indiscusso della Russia, terra in continuo cambiamento. Poi mi sono inoltrata nella grande Siberia, teatro di tragedie e drammatici eventi.
Ho poi attraversato il confine, ritrovandomi cosi nello sconfinato deserto del Gobi, in Mongolia. E dopo un breve soggiorno nella caotica capitale di Ulan Baatar sono giunta all’ultima grande tappa: Beijing.
Ma soprattutto in questo caso non è la meta a contare ma il tragitto.
E allora partiamo dall’inizio, dall’azzardata scelta di affrontare questo viaggio tra dicembre e gennaio,sfidando le temperature non propriamente miti che la Siberia e la Mongolia riservano e di affrontarlo in treno.
Prendere un treno in Russia è più difficile del normale. Perchè? Beh partiamo dal fatto che le scritte sono tutte in cirillico quindi per trovare il nome della vostra fermata dovete quantomeno riuscire a tradurlo nel nostro alfabeto. Ma la problematica principale è un altra, decisamente più curiosa. In Russia non c’è un unico fuso orario, quindi attraversarla tutta vuol dire affrontare fino a 5 fusi orari diversi. Eppure le stazioni funzionano tutte basandosi sull’orario di Mosca.
Eh? Ebbene sì. Per Prendere un treno a Ekaterinburg alle 16 ora locale vuol dire cercare sul tabellone un treno in partenza a mezzogiorno. Potete immaginare la confusione.
Una volta adattati al calcolo non vi resta che salire sul treno e cercare la carrozza giusta, capire se siete nei letti sotto o sopra e sperare di avere dei compagni di cuccetta poco chiassosi.
Esistono in realtà tre classi, in base al numero di posti per cuccetta: prima classe con due letti e il bagno privato, seconda con quattro posti e in terza 56 ovvero non ci sono divisori all’interno delle carrozzae.
I treni non sono veloci e fanno tantissime fermate intermedie. Il tempo di fermata in ogni stazione varia dai 2 minuti ai 40 e i dati sono riportati su un foglio appeso in corridoio così ci si può fare un idea di quanto stare giù.
Sta a voi decidere come affrontare questo percorso, se percorrerlo tutto d’un fiato o se scendere e fermarvi per scoprire i magnifici paesaggi che queste terre offrono.
La nostra prima tappa è Nizhny Novgorod. 
Fuori nevica: strade, case e auto sono coperte di neve. Il clima inizia ad essere sempre più gelido ma questo non ci ferma. La nostra prima meta è il Cremlino. La fortezza della città russa di Nižnij Novgorod, di cui rappresenta il centro storico
Lo spettacolo è magnifico: tra i palazzi maestosi l’orizzonte è ormai invisibile. Ci sentiamo come risucchiati dal nulla assoluto. Girovagando tra le mura scopriamo la fiamma eterna. Memoriale delle seconda guerra mondiale. L’incredibile contrasto tra il fuoco e la neve è di una bellezza indescrivibile.
Ma ora è giunto il momento di inoltrarci nelle vere terre siberiane.
Tra le diverse città decidiamo di fermarci a : Ekaterinburg ,città è famosa per la chiesa ortodossa russa costruita tra il 2000 ed il 2003 sul luogo dove l’imperatore Nicola II di Russia, la sua famiglia ed alcuni domestici furono uccisi dopo la Rivoluzione russa; Novosibirsk, capitale della siberia e infine a Irkutsk,per lasciarci ammaliare dal maestoso lago Baikal.

Per un totale di 75 h di treno, 55 di queste consecutive. E io che mi annoiavo a fare Milano-Firenze. Mai lamentarsi. È questa la lezione fondamentale.

 

Come sopravvivere alla noia?
Vorrei darvi dei grandi consigli ma in realtà la soluzione è piuttosto banale:
Film ,letture, settimane enigmistiche e giri al vagone ristorante tanto per cambiare un po’ aria. 

Quest’ultimo offre un po’ di tutto, sia cibo che bevande ma è stranamente sempre vuoto. I passeggeri si limitano a bere tè e a mangiare zuppe/noodles in scatola poichè all’inizio di ogni carrozza vi è un distributore di acqua calda dov’è ciascuno può andare a riempire la propria tazza o ciotola.
Arrivati a Irkutsk il vero freddo siberiano è li ad accoglierci puntuale. Ma le termiche hanno la meglio. LE, il plurale è d’obbligo in questo caso. Anche le doppie calze termiche sembrano vacillare: si fa veramente freddo. Ma dopotutto il viaggio l’abbiamo scelto noi, la stagione anche e quindi eccoci diretti al Lago Baikal,una delle sette meraviglie della Russia.
Lungo 636 chilometri su una superficie di oltre 31mila chilometri e la sua profondità supera i 1600 metri. Il volume d’acqua che contiene è maggiore di quello dei cinque grandi laghi americani messi insieme. Un bacino antichissimo, che contiene, pensate, il venti per cento delle acque dolci della terra, è ha una temperatura dell’acqua di -35 gradi.

Il nostro viaggio prosegue, ci stiamo avvicinando al confine tra la Russia e la Mongolia e il paesaggio inizia a cambiare, dai boschi passiamo ad incredibili distese di neve, dai palazzoni russi si passa alle casette dei piccoli villaggi.
Anche gli abitanti perdono man mano le marcare caratteristiche russe ed iniziano ad avere alcune particolarità dei popoli mongoli. La cucina ha molte contaminazioni, ad esempio i classici dumpling russi iniziano ad essere sempre più simili ai dim sum asiatici.
Ultima tappa russa è Ulan Ude, situata nel cuore della Siberia, questa città è  famosa per essere il principale centro buddista della Russia. Decidiamo così di inoltrarci in un piccolo villaggio nei dintorni della città, ad una 50di km.
La giornata è stupenda ma il freddo è glaciale. Ci sono -25 gradi.
Siamo tra colline innevate, circondati dalle case tipiche della Buriazia, le yurte. Quando ecco apparire un cammello.
No non è il freddo ad avermi dato alla testa. È proprio vero, nonostante il clima questa terra ospita diverse specie di animali tra cui cavalli, mucche ,capre, pecore e cammelli.
Affascinati e stupiti continuiamo la visita del villaggio, e conosciamo Iddima :una vera buriata.
La sua famiglia vive in queste terre da generazioni.
Nonostante alcune difficoltà linguistiche riusciamo a creare una sorta di dialogo. Abbiamo così l’opportunità di scoprire e sapere di più di questo popolo e di questa terra misteriosa.
I Buriati sono di origine mongola come dimostrato dalle loro caratteristiche somatiche, da molti loro usi e costumi, inclusi l’allevamento itinerante, praticato dalla maggior parte dei popoli nomadi delle steppe, e l’uso di yurta per il pernottamento.

Dopo un abbamondande pasto a base di buuzy, ravioli tipici  e whisky locale fatto di latte, pinoli e lievito con una gradazione  di 40 gradi ci sentiamo pronti per scollinare e dirigerci in Mongolia.
La capitale,Ulan Bator ha un clima subartico influenzato dai monsoni e secondo le Nazioni Unite , questa città che conta ormai più di un milione di abitanti (più di un terzo della popolazione del paese) è la seconda città più inquinata del mondo.
Le premesse non sono delle migliori ma una volta iniziato il nostro giro della città ci rendiamo conto di quanto a situazione sia peggiore del previsto. Il traffico è surreale e l’aria dire che ne risente sarebbe un eufemismo.
La mascherina è d’obbligo e comunque respirare è difficoltoso. Lo smog brucia la gola e ci fa venire immediatamente una sorta di tosse. La situazione è ingestibile. Per di più la città ci risulta triste, grigia, sporca e con pochissime mete interessanti.
Decidiamo cosi di spostarci verso il parco del Gorkhi Terelj
Ci vuole quasi un ora di macchina e guardando fuori dal finestrino è impossibile non rimanere colpiti dal completo cambiamento di scenario: dai palazzi in costruzione di Ulan Bator, che i ricorda un po’ una Gotham City fatiscente, piano piano ci si addentra nel nulla più totale. Distese, immense distese di neve. Mai visto qualcosa di simile in vita mia. Mano mano che ci spingiamo verso il cuore del parco la città ci sembra solo un ricordo.
Intorno a noi solo alberi e gher (le tipiche case mongole) poi ad un certo punto in mezzo a tutta questa natura sorge lui, il Terenji Hotel, un imponente struttura che ci accoglie con uno sfarzo un po’ demodè: un Budapest hotel decisamente datato ma di un incredibile fascino.

Ci lasciamo inghiottire dalle meraviglie del parco, dal suo fiume innevato, da un imponente roccia a forma di tartaruga e infine una bella camminata per raggiungere il tempio buddista del parco. Una giornata stupenda. Ma purtroppo il sole sta tramontando e dobbiamo rifugiarci in albergo. La temperatura qui è di -30 gradi.
Lasciare questo paradiso  è difficile ma lo facciamo con  l’intenzione di ritornarci, prima o poi, incuriositi dai colori che questi luoghi potrebbero regalarci in un’altra stagione.

Ed eccoci al nostro ultimo treno. Se vi trovate ad affrontare questo viaggio ricordatevi di calcolare bene il giorno in cui affronterete questa tratta, poiché i treni da Ulan Bator a Pechino non passano tutti i giorni ma solo due volte a settimana.
Il viaggio durerà 30 ore ma scordatevi di fare grandi dormite, poichè dovrete attraversare la dogana e questo richiede un continuo sali scendi di ufficiali che entrano nelle cabine per controllare i passaporti, bagagli e documenti vari.

Ed eccoci qui, a Beijing, stanchi ma consapevoli di aver affrontato un viaggio che difficilmente potremo scordare.

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